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Uso dei Social durante il lavoro: si rischia il posto?

Nell’era dei Social Network è impensabile non controllare ad intervalli regolari le notifiche su Facebook, ma cosa accade durante l’orario lavorativo?

Chiariamo subito una cosa: qualche secondo di distrazione per dare uno sguardo ad un messaggio appena arrivato non può considerarsi un comportamento perseguibile soprattutto se accade una tantum. Il problema riguarda chi ha l’abitudine di distrarsi quotidianamente e per un lasso di tempo prolungato. È il caso della segretaria di uno studio medico licenziata dal titolare che di recente ha perso il ricorso in Cassazione: in 18 mesi si era collegata dal computer del suo ufficio 4.500 volte a Facebook. Il problema non è solo il tempo: può essere sufficiente un secondo per pubblicare sui Social un messaggio denigratorio nei confronti dell’azienda o dei suoi dipendenti.

È un terreno complesso ed è difficile tracciare un confine netto tra quando è lecito utilizzare i social e quando questo può essere causa di licenziamento. In questo articolo cercheremo di fare chiarezza.

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Social durante l’orario di lavoro: quando è sicuramente vietato?

Non è difficile immaginare che navigare su  internet e sui social per fini privati utilizzando gli strumenti dell’ufficio non è permesso. Ma non lo è nemmeno utilizzando dispositivi personali: il problema non è tanto il dispositivo quanto il tempo sottratto all’attività lavorativa. È questa la ragione per cui molte aziende impostano filtri di accesso dai terminali. Nel caso in cui il dipendente aggiri il divieto utilizzando il proprio cellulare, il suo comportamento sarà ritenuto comunque irregolare e punito in base al tempo trascorso sui social. Si passa dalle sanzioni più leggere, come il richiamo verbale, l’ammonizione scritta, la multa e la sospensione dal lavoro, al licenziamento vero e proprio.

La domanda che ogni datore di lavoro si starà ponendo è: come fare a scoprire se il dipendente sta sui social durante l’orario lavorativo? Sicuramente controllare la cronologia del pc aziendale è il primo passo. Si può passare poi alle testimonianze dei colleghi che lavorano vicino. Si può ricorrere anche ad una provocazione: il titolare può creare un profilo falso per tendere una sorta di trappola al lavoratore e procurarsi le prove necessarie.

Ovviamente il tutto deve rientrare nei limiti dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori che vieta i controlli a distanza nei confronti dei dipendenti. Il controllo dei computer non è eseguito sulla produttività o l’efficienza del dipendente stesso ma solo per tutelare l’azienda.

Quando postare sui social può essere causa di licenziamento

C’è una sola verità: parlare male degli altri sia in pubblico sia su internet può portare a commettere reato di diffamazione. Normalmente il confine da non superare è quello del diritto di critica senza sconfinare in offese personali o insulti. Nel caso di un dipendente che parla dell’azienda la questione è diversa: anche se non dovessero sussistere i presupposti per il reato di diffamazione non è detto che la condotta non possa considerarsi sconveniente. Anche la sola partecipazione a un forum di discussione in cui si parla male del datore o dei suoi prodotti può costare il posto. Secondo la Cassazione si può essere licenziati per un singolo like. In sostanza il licenziamento scatta per chi, su internet, parla male dell’azienda. Un’attenuante è costituita dall’eventuale clima conflittuale sul lavoro: la provocazione è considerata una scusante della diffamazione e quindi può anche consentire evitare il licenziamento.

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Attenzione alle foto pubblicate sul profilo

Se il controllo di un messaggio su Facebook può essere pericoloso durante l’orario di lavoro, anche il resto della giornata può presentare dei rischi. Il datore di lavoro può usare foto postate da un dipendente assente per malattia ad esempio, per provare che, in realtà, questo era impegnato in altre attività rispetto a quelle dichiarate: una foto al mare o un selfie al ristorante. Se il linea di principio è tutto semplice, la pratica poi è un’altra cosa. Secondo la Cassazione la foto potrebbe essere stata presa da un archivio di immagini del cellulare e risalente a un un momento precedente.

Come vedi i provvedimenti disciplinari che il datore di lavoro può prendere sono attentamente definiti e necessitano comunque di prove e documentazione per essere legittimi. Non sempre però le cose vanno come dovrebbero. Se ritieni di essere stato vittima di un licenziamento illegittimo la cosa migliore è rivolgersi a noi: abbiamo esperienza decennale nel settore del Diritto del lavoro e ti aiuteremo ad impugnare il tuo licenziamento. Fissa subito una consulenza gratuita con i nostri avvocati.