Stalking sul lavoro: cos’è e come difendersi
Quando sentiamo nominare la parola stalking pensiamo subito a un partner o a un creditore che insegue la vittima che gli deve dei soldi. In realtà lo stalking ha un’accezione più ampia di questa e si configura ogni volta che una persona perseguita un’altra a tal punto da incuterle timore o da farle cambiare le abitudini della vita quotidiana. Ecco perché anche in ambito lavorativo si può essere vittime di stalking. Capire di cosa si tratta non è difficile: comuni, ripetitivi e assillanti dispetti, umiliazioni e persecuzioni all’interno di un ufficio da parte di colleghi o dei propri capi. Il reato è sempre quello di stalking, specificare stalking sul lavoro vuol dire precisare che è realizzato a causa del rapporto lavorativo. In questo articolo vogliamo fare chiarezza per spiegarti tutto quello che devi sapere ma soprattutto quali sono le tutele a cui puoi ricorrere per difenderti.
Stalking sul lavoro: cos’è e quali sono le differenze con il mobbing
La differenza sostanziale consiste nel fatto che non c’è bisogno che il responsabile persegua uno scopo specifico. Se le persecuzioni dovessero essere dirette a emarginare il collega parleremmo di mobbing, che è una situazione di natura completamente diversa, molto più sfuggente e difficile da inquadrare in un reato. Lo stalking invece è, di per sé, a prescindere dalle finalità e dagli scopi per cui è attuato, un illecito penale.
Noto ai tecnici con il nome di stalking occupazionale, lo stalking sul lavoro può essere definito come una serie di atti persecutori realizzati, a causa del rapporto lavorativo, dal datore di lavoro o dai colleghi. In diversi casi questi comportamenti possono sfociare in molestie sessuali. Il caso più comune è quello in cui una lavoratrice rifiuta la profferte del proprio capo e subisce le ritorsioni per questo, una pressione psicologica e, nei casi più gravi, molestie anche nella vita privata. In questo caso specifico che abbiamo utilizzato come esempio le condotte illecite hanno origine e ragione di esistere in virtù del rapporto lavorativo, ma lo superano andando a incidere sulla vita privata della vittima causando uno di questi effetti:
- Un grave stato di ansia, paura e tensione costante
- Un timore fondato per l’incolumità propria o dei propri cari
- Un cambiamento delle abitudini di vita pur di evitare lo stalker.
Ecco in cosa consiste la differenza tra mobbing e stalking. Nel primo i comportamenti sono indirizzati a discriminare, perseguitare e isolare il dipendente, mortificandolo e producendo un danno sul suo equilibrio psicofisico, fino a causarne l’emarginazione. Nello stalking, invece, più che i comportamenti, hanno importanza gli effetti di questi sulla vittima. Gli elementi dello stalking vanno esaminati a prescindere dall’effettiva esistenza di un movente.
Quello che accomuna mobbing e stalking è solo la ripetizione dei comportamenti ma, come abbiamo detto, se nel mobbing è necessaria una specifica finalità da parte del persecutore – l’emarginazione – nello stalking questo non è rilevante e si guardano piuttosto gli effetti che hanno tali condotte sulla vittima.
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Quali sono le tutele previste dalla Legge?
Chiariamo subito: lo stalking è un reato e perché si realizzi non è richiesto un numero minimo di comportamenti illeciti. Bastano anche tre 3 messaggi nell’arco di pochi minuti, per far scattare lo stalking se la vittima subisce un turbamento interiore tanto da generarle lo stato d’ansia, di paura per sé e i propri cari o il mutamento delle abitudini quotidiane.
Bisogna ricordare che il fatto che lo stalking lavorativo sia configurato come una sottospecie dello stalking comune non significa che si tratti di un reato diverso. Il reato è sempre lo stesso, punito dall’articolo 612-bis del Codice penale con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Quando lo stalking lavorativo si inquadra nelle molestie sessuali, come nell’esempio che facevamo prima, si può anche presentare una denuncia per tentata o consumata violenza sessuale: così si considera un bacio rubato o un contatto fisico non richiesto.
In più il tribunale di Milano ha stabilito che l’invio di commenti, osservazioni, insulti e minacce su pagine Facebook e su indirizzi email che hanno creato nella stessa ansia e disagio costante integrano il reato di atti persecutori.
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Stalking sul lavoro, come difendersi?
Lavittima dello stalking lavorativo, così come per qualsiasi altra situazione di atti persecutori, può tutelarsi sporgendo denuncia contro il responsabile alle autorità competenti: Carabinieri, Polizia e Procura della Repubblica. Un altro fattore da tenere in considerazione è che quando lo stalking lavorativo è commesso dai colleghi, è possibile denunciare l’accaduto al datore di lavoro il quale – in virtù del suo dovere di tutelare la salute psicofisica dei propri dipendenti – deve prendere al più presto provvedimenti. Secondo quanto stabilito dalla Cassazione è legittimo il licenziamento di chi perseguita i colleghi di lavoro. Questo vale anche quando le persecuzioni proseguono fuori dagli ambienti di lavoro, durante il resto della giornata e nei contesti di vita privata.
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