Stalking: cos’è e come difendersi
Negli ultimi anni si sente sempre più parlare di stalking. Come mai? Le molestie ci sono sempre state ma in passato si tendeva rimanere in silenzio senza denunciare una condotta persecutoria. Anche la tecnologia ha fatto la sua parte: social, messaggi, telefonate, email… ci sono mille in modi in cui possiamo essere reperibili e rintracciati.
Il reato di stalking è uno dei più subdoli perché difficile da provare a meno che non siamo presenti comportamenti persecutori lampanti. La Giornata Mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne è l’occasione per capire esattamente cos’è lo stalking ma soprattutto come difendersi quando si diventa vittime.
Cos’è lo stalking?
La prima cosa chi ci chiediamo è: quando possiamo parlare di stalking? Prima di spiegare questo però dobbiamo chiarire cos’è lo stalking. Anche se, per individuare questo reato usiamo un termine inglese, il nome corretto dell’illecito penale è atti persecutori. Si tratta in sostanza di un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati e tali da provocare nella vittima che li subisce un disagio psichico e fisico e un ragionevole senso di paura e insicurezza.
Lo stalking non è un fenomeno omogeneo ecco perché non è possibile ricostruire un perfetto modello di condotta tipica, né tantomeno, un profilo comune dello stalker. Nella maggior parte dei casi – e parliamo di circa il 70% – 80% – i comportamenti assillanti provengono da uomini, di solito partner o ex partner della vittima ma non sono gli unici casi: il persecutore potrebbe essere anche un collega, un amico, un conoscente, un vicino di casa. Non sempre il molestatore presenta precedenti penali, o comportamenti patologici come solitamente si pensa.
Come riconoscere se si è vittime di stalking?
Il primo aspetto che va considerato per capire quando si configura il reato di stalking è quello della reiterazione delle condotte moleste o delle minacce: scatta il reato di atti persecutori anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto: anche due soli episodi sono ritenuti sufficienti per la reiterazione di atti persecutori.
Per tutelarsi al meglio occorre avere ben presente quando si può parlare di delitto di stalking e quando no.
- Il persecutore minaccia la vittima con atti ripetuti, cioè con molestie che devono ripetersi, anche solo due volte
- A causa delle molestie la vittima vive in uno stato grave e duraturo di ansia, paura o fondato timore per l’incolumità propria o dei familiari, oppure quando gli atti persecutori costringono la vittima a cambiare le proprie abitudini di vita, se non addirittura luogo di abitazione.
Cosa puoi fare se sei vittima di atti persecutori?
Ma allora come comportarsi in caso di stalking se vuoi fare in modo che il responsabile smetta ed esca per sempre dalla tua vita? Ci sono diversi strumenti legali a disposizioni per difendersi da questa situazione, vediamo insieme quali sono.
1.La querela
Il reato di atti persecutori è punibile solo se la vittima presenta una valida querela contro lo stalker entro sei mesi dai fatti. Il termine di sei mesi deve essere contato non dal primo atto di persecuzione, bensì dal momento in cui le minacce o le molestie si ripetono, perché è solo da questo momento che si può parlare di stalking.
In più per tutelare ulteriormente la vittima :
- La querela può essere rimessa, cioè ritirata, solo con dichiarazione resa davanti al giudice, che valuterà se la decisione è spontanea o è frutto di minaccia o altre pressioni da parte dello stalker. Nel caso in cui le minacce dello stalker siano gravi, basti pensare alle minacce di morte o ai tanti casi aggressioni con l’acido che si sentono quasi ogni giorno, la querela è irrevocabile.
- Nel caso in cui lo stalking abbia come vittima un minorenne, oppure un disabile, il reato è procedibile d’ufficio, cioè non servirà che la vittima presenti querela perché si possa procedere contro lo stalker.
Leggi anche: Denuncia e querela: che differenza c’è
2. Misure cautelari: il divieto di avvicinamento alla vittima
- Insieme alla querela, la vittima può chiedere al magistrato l’adozione di misure cautelari a propria tutela. La misura più diffusa è il divieto di avvicinamento dello stalker alla vittima. Nei casi più gravi, oppure quando lo stalker non rispetta i divieti imposti dal giudice, possono essere applicate misure più gravi, come il divieto di dimora, gli arresti domiciliari o la custodia in carcere.
3. Il risarcimento
Oltre alle misure di protezione immediata dalla violenza dello stalker, è bene ricordare che la vittima può chiedere che il responsabile sia condannato al risarcimento del danno provocato dagli atti persecutori. Il risarcimento può essere chiesto nell’ambito del processo penale, costituendosi parte civile, oppure in un separato processo civile.
4. L’ammonimento
Fortunatamente esistono casi meno gravi nei quali si ritiene che un avvertimento possa essere sufficiente per interrompere il circolo di atti persecutori: in queste situazioni la legge prevede che la vittima possa rivolgersi al Questore che convoca il responsabile delle molestie e gli intima formalmente la cessazione del comportamento illecito: si tratta del così detto ammonimento.
Ci sono molte tutele legali e soluzioni alle quali si può ricorrere se si è vittime di persecuzioni, molestie, minacce o violenza: la legge è in grado di proteggere le vittime e fare in modo che vengano interrotti questi comportamenti. La cosa fondamentale però è denunciarli subito, senza timore o vergogna. La tempestività è la chiave per la risoluzione del problema senza ulteriori pericoli e disagi.
Non aspettare e riprenditi il diritto di vivere serenamente la tua vita, contattaci.