Cosa cambia con la nuova sentenza sul divorzio
Chi sta pagando da anni un assegno di divorzio, chi riceve un mantenimento che non è sufficiente per i figli, chi sta per separarsi: tutti vorrebbero comprendere quanto le novità in materia di separazione e divorzio possano adattarsi al proprio caso. La domanda è una sola: cosa cambia con la nuova sentenza sul divorzio? Parliamo della sentenza delle Sezioni Unite dell’11 luglio scorso, quella che ha corretto il tiro della famosa sentenza Grilli della Cassazione di quasi un anno fa e che ha definito come si calcola l’assegno divorzile all’ex coniuge. Non si tratta quindi di una nuova legge sul divorzio, ma di un nuovo orientamento giurisprudenziale che inciderà sulle future cause.
C’è differenza tra legge e sentenza? Se fosse stata una legge sarebbe stata applicata a tutti i cittadini in automatico. La sentenza invece riguarda solo le parti in causa. Entriamo quindi nel dettaglio e vediamo cosa cambia davvero in materia di separazione e divorzio.
Per le separazioni nulla cambierà
Questa nuova sentenza si riferisce solo al divorzio: perciò in materia di separazione non cambia assolutamente nulla. Quando marito e moglie decidono di separarsi con un accordo firmato dai rispettivi avvocati possono sempre farlo davanti a loro (negoziazione assistita) al giudice o al sindaco quando la coppia non ha avuto figli o questi sono diventati autosufficienti.
Arriviamo ora al punto critico: come calcolare l’assegno di mantenimento? Prima di tutto è necessario che il giudice ricostruisca il tenore di vita della coppia: il coniuge con il reddito più alto andrà a compensare quello con il reddito più basso in modo da garantirgli per quanto possibile lo stesso stile di vita. Lo scopo dell’assegno di mantenimento è quindi quello di ridurre le disparità tra i coniugi, eliminando le differenze.
Divorzio: la sentenza per il ricalcolo dell’assegno divorzile
Per non creare equivoci è utile ribadire che si tratta non di una nuova normativa ma solo di una sentenza che influisce sui criteri di calcolo dell’assegno divorzile. L’assegno divorzile è quello che viene corrisposto quando la coppia, dopo sei mesi dalla separazione consensuale o un anno da quella giudiziale, decide di divorziare. Ma quali sono esattamente le novità?
Come prima cosa viene confermato il concetto che lo scopo dell’assegno divorzile non è quello di garantire “rendite parassitarie” al coniuge che, pur avendo tutte le condizioni fisiche e psicologiche necessarie, non vuole lavorare. Viene inoltre ribadito che l’assegno non ha nemmeno la funzione di ricostruire lo stesso tenore di vita che aveva la coppia prima di divorziare. Questo vuol dire che lo stipendio più alto non va diviso tra i due ex coniugi. Ad esempio chi sposa un milionario non avrà pretese superiori rispetto a chi ha sposato una persona con reddito modesto. Quindi non è la ricchezza di uno dei due coniugi a determinare il valore dell’assegno divorzile.
Come si calcola quindi questo assegno? Bisogna prima di tutto escludere – come invece aveva detto un anno fa la Suprema Corte – che l’assegno divorzile serva solo a garantire l’autosufficienza del coniuge più debole economicamente. Ci sono altri parametri da tenere in considerazione come l’età del richiedente e la durata del matrimonio. Ovviamente più l’unione è stata breve più basso sarà l’importo. Quello che può cambiare l’importo dell’assegno divorzile è il contributo che il coniuge che richiede l’assegno ha dato alla famiglia. Spieghiamo questo concetto con un esempio: una moglie che rinuncia alla carriera per prendersi cura della casa e crescere i figli consente al marito di concentrarsi sul lavoro per ottenere una posizione migliore e uno stipendio più alto. Ecco che quindi la famiglia viene considerata una società dove, nel caso di divisione del nucleo, vengono valutati i contributi forniti dai soci durante la sua esistenza.
Dunque il giudice deve accertare «se l’eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all’atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell’assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, in relazione alla durata» del matrimonio.
Non ci sarà d’ora in poi il diritto all’assegno divorzile in tutti quei casi in cui, pur esistendo in linea teorica sproporzione economica delle parti, l’ex coniuge che lo richiede abbia i mezzi per condurre una vita autonoma e non abbia contribuito in maniera significativa alla formazione del patrimonio familiare o dell’altro coniuge.
E per chi è già divorziato?
Per chi si è già separato, la nuova interpretazione sarà valida ovviamente non appena inizierà la causa di divorzio. Per chi invece ha già divorziato le cose non cambiano comunque: la sentenza che ha fissato a suo tempo l’assegno di divorzio non può essere oggetto di revisione in seguito a un cambio di interpretazione di fatti già valutati. Secondo infatti la giurisprudenza ciò che consente la revisione dell’assegno di divorzio sono fatti sopravvenuti e nuove circostante: in quella sede si potrà richiedere una sentenza che tenga conto della nuova interpretazione.
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