Cosa cambia con l’approvazione della nuova direttiva europea sul Diritto d’autore?
Il 12 settembre scorso è stato un giorno molto importante: il Parlamento Europeo ha approvato il testo della riforma del copyright. Ci eravamo appena abituati al cambiamento spiazzante del GDPR ed ecco che ne salta fuori uno ancora più grande.
Questa votazione ha dato il via ai negoziati con il Consiglio e la Commissione Europea per produrre un testo definitivo che vedrà la luce a gennaio 2019. Cosa cambia quindi con questa riforma? Sarà davvero la fine di internet per come lo conosciamo? Cerchiamo di fare chiarezza.
Secondo questo testo, i creativi di ogni genere, come musicisti, artisti, sceneggiatori, giornalisti e copywriter, dovranno percepire il giusto compenso nel caso in cui il loro lavoro venga utilizzato da piattaforme digitali come Facebook, Youtube o da motori di ricerca come Google. Per condividere semplici hyperlink, ossia collegamenti ipertestuali agli articoli, non ci saranno problemi: saranno gli snippet, i link con foto accompagnata da un breve testo di presentazione degli articoli, ad essere soggetti a vincoli di copyright. Per utilizzarli quindi le piattaforme dovranno pagare i diritti agli editori. Ci saranno però delle eccezioni: saranno escluse da queste restrizioni le piccole e micro imprese del web e le enciclopedie online senza fini commerciali come Wikipedia.
Quali sono le novità principali e cosa cambia per l’utente medio?
Ci sono molte sezioni controverse all’interno della normativa ma le polemiche più aspre si concentrano principalmente intorno all’Articolo 11 e all’Articolo 13 della riforma. Il primo afferma che gli editori devono ricevere compensi adeguati da parte delle piattaforme e delle aziende che intendono usare i loro materiali. Gli emendamenti presentati dopo la bocciatura della proposta a luglio hanno chiarito che questo principio riguarda solo le grandi piattaforme ed esclude gli usi privati dei link ed il loro impiego non commerciale.
Il problema è tutto qui: sul web è molto difficile separare nettamente l’attività commerciale da quella che non lo è. L’altro articolo che ha suscitato perplessità e discussioni è il 13. La norma prevede che le piattaforme online esercitino un controllo su ogni contenuto che viene caricato dagli utenti per poter tutelare il materiale protetto dal diritto d’autore. Figure di rilievo come Tim Berners Lee – uno dei creatori del Web – e Jimmy Wales – il fondatore di Wikipedia – ritengono che questa norma consentirebbe di utilizzare un filtro col quale governi e grandi multinazionali avrebbero la possibilità di avere pieno controllo dei contenuti prodotti dagli utenti. Da questo punto di vista possiamo parlare di una sorta di censura preventiva.
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Non sarà più possibile condividere link e video su Facebook?
Questa è una domanda che tutti ci siamo posti non appena venuti a conoscenza delle nuove direttive. La risposta è no! La riforma non tocca gli utenti se non indirettamente. Da singoli utenti troveremo sul web solo contenuti veicolati da chi stipula gli accordi: non troveremo quelli indipendenti, ossia quelli prodotti da chi ha deciso di non stringere alcun accordo con le piattaforme o gli aggregatori di notizie. Stiamo parlando quindi di una forma di censura insidiosa perché non va a colpire direttamente la libertà del singolo ma limita i contenuti a cui può avere accesso ai soli prodotti da coloro che hanno stipulato accordi con la specifica piattaforma.
Dovremo aspettare fino a Gennaio 2019 per sapere se queste nuove direttive entreranno effettivamente in vigore in questa forma o sarà tutto ancora da decidere.